Densità di contenuti, di storie e di significati pervadono Connettere Identità_Reconstructing mySelf #3, l´installazione di Sheila Rocchegiani che appare come calata dal soffitto dialogando con l´ambiente circostante delle opere del Museo Omero, con la stessa tridimensionalità e una diversa consistenza. La leggerezza dei tessuti che compongono l´installazione e le opere disseminate alle pareti contrasta apparentemente con la fisicità possente delle sculture presenti, per poi farsi materia attraversabile e percorso sensoriale. Piante, stagioni, energie e tessuti.
Tutto inizia e riconduce alla Natura che si intreccia con l´essere nell´installazione composta da due anime: una sfaccettata e percorribile composta da quattro teli sospesi, come fossero quinte di una scena circolare; l´altra cilindrica e pura formata da indumenti di recupero da corredi di primo Novecento, coniugati tra loro da ricami e cuciture. Il cilindro energetico di tessuto è interconnesso otticamente e fisicamente con i quattro teli periferici, un legame tangibile formato dai capi di corredo che collegano il centro alla circonferenza da una parte all´altra dell´installazione. Il filo sottile ma resistente lega le due parti e fa da tramite percettibile al senso ultimo dell´opera: il dialogo con la Natura è pretesto per conversare con la propria intimità, è specchio di molteplici voci e sembianti e insieme ordito su cui le singole parti si riconnettono in trama, dismettono una percezione separata e ritrovano lo spazio della relazione, della reciproca appartenenza. Nella struttura spazialmente presente ma leggera, l´artista connette ogni elemento facendolo risuonare come parte del tutto, di un´entità che affonda le sue radici nella madre terra.
Ogni tessuto parla di sé, si carica di forze pure delle fasi naturali che si alternano inesorabilmente. I doni vegetali e i tessuti sono punti di uno stesso ricamo nel linguaggio creativo di Sheila, che sceglie gli elementi, lava, stende, prepara, mescola, tinge, imprime, cuce, ricama. Le direzioni cardinali e le stagioni sono una chiave di lettura possibile, non l´unica, ma di certo fondamentale per comprendere questa densa installazione. L´est rappresentato dalla seta pongèe richiama la primavera ed il risveglio leggero dei sensi, amplificato dalla fragranza percettibile dell´elicriso (helicrysum italicum), che canta assieme all'iperico (hypericum perforatum) ed al cartamo (carthamus tinctorius), raccolti nell´ambiente circostante del Monte San Vicino. Il telo a sud narra l'estate, paradossalmente realizzato con la voluttuosa e calda garza di lana: la terra generosa e forte nel suo momento di nutriente espansione, si identifica nel tessuto con l´utilizzo della roverella (quercus pubescens), della vite (vitis vinifera e parthenocissus quinquefolia), del kaki (diospiro kaki) e del cattù (acacia catechu). La contrazione ed il raccoglimento pervade il telo in direzione nord, ovvero l´inverno con la spessa tela di cotone tessuta in casa agli inizi del Novecento da una donna toscana identificata con le iniziali A.B.. L'ovest è il telo dell´autunno: un lino leggero appesantito da innesti di fibre come la lana e la seta, con un cuore sanguigno dato dalle radici di robbia (rubia peregrina).
Sheila governa i tessuti, ma si lascia trasportare dalle energie che entrano prepotentemente in gioco.
È in ascolto della Natura.
Una lenta e meticolosa preparazione, sottende alla ricostruzione dell´identità che può avvenire soltanto accogliendo
la terra ed i suoi doni naturali, a tratti ricamati e a tratti impressi. Tessuti, essenze, odori, colori che rispecchiano il ciclo solare, la fase lenta della fioritura. La calma
della preparazione è contrapposta all´impeto creativo rappresentato dalla tintura e dalla decorazione, fasi intense ma mai troppo didascaliche.
Un´alternanza di ascolto ed azione sottende alla delicatissima forza delle opere.
Tra Sheila e la Natura si inscena costantemente un dialogo, un rapporto
che riconduce alla fonte essenziale mettendo a nudo l´identità dell´artista e, con essa, anche quella delle altre storie che si intersecano negli abiti meticolosamente
ricercati: dietro ad ognuno c´è una storia, una data di nascita, un nome. Ogni abito, rielaborato dall´artista, è un´esplorazione di una vita. Non a caso
l´installazione centrale è concepita come un passaggio, si concede allo spettatore che può attraversarla e lo invita, al contempo, a farsi sfiorare da essa. L´installazione
incorpora, nella sua interezza, un´immagine carica di emotività individuale che diviene universale nella misura e nel modo in cui l´artista fa riemergere le energie
della terra. Un soliloquio, come lo definisce Sheila stessa, che diventa conversazione corale con la Natura quando si entra a contatto con
l´opera.
Federica Mariani