PERCHÉ UN PROGETTO TEATRALE ISPIRATO A OLIVETTI
Sono colpita e affascinata dalla figura di Adriano Olivetti, dalla sua coraggiosa e umanissima battaglia per tradurre in progresso civile i risultati del processo produttivo.
La cifra originale del suo pensiero mi sembra così importante e attuale: il suo è un approccio complessivo allo sviluppo, che considera gli aspetti economici strettamente connessi a quelli culturali, che guarda all’innovazione tecnologica senza prescindere dal benessere individuale e collettivo e dalla cura del paesaggio, che tiene insieme spinta etica e organizzazione pratica, bellezza e funzionalità, dimensione spirituale e giustizia sociale.
Di fronte alla nostra realtà devastata dalle conseguenze della pandemia e dalle minacce di guerra, la sfida della visione sociale di Olivetti risuona come una risorsa preziosa per il nostro presente e si connette fortemente per me con quella costruzione di comunità che è costitutiva dell’arte del teatro.
IL PROGETTO
I linguaggi performativi aderiscono a un pensiero lontano dalle logiche oppositive e non dimenticano la concretezza dell’umano,
dei suoi bisogni, dei suoi desideri: proprio perché radicato nei corpi e nell’immaginario inconscio, il teatro sfugge ai condizionamenti
del pensiero dominante e conserva una forte carica utopica.
Per questo mi appare come lo strumento naturale per un’indagine creativa ispirata ad Olivetti, che incroci le domande e i bisogni del nostro
presente a una pratica di rigenerazione comunitaria.
I materiali tratti dalla storia del geniale imprenditore di Ivrea e dell’impresa Olivetti, dalle testimonianze di chi gli è stato accanto
e ha lavorato con lui, la bellezza dei prodotti creati, le innovazioni, i luoghi e le modalità del lavoro alla Olivetti, lo sviluppo dei
territori e delle comunità che hanno ospitato le aziende, costituiscono il denso substrato della nostra ricerca scenica, organizzata secondo
una grammatica simbolica e figurativa che prende a riferimento la maschera, il linguaggio del corpo e una parola che non dimentica la
sua radice sonora.
Accompagna il lavoro un itinerario musicale che intreccia suggestioni dell’origine dell’elettronica alle radici umanissime del suono acustico e percussivo.
Ho cercato, fin dall’inizio di questa ricerca, di costruire anche una comunità diffusa d’interesse attorno al progetto: nella prima
fase di lavoro sono stati realizzati incontri, letture, performance e laboratori, come tappe di studio e di conoscenza condivisa, sia
dei materiali disponibili su Adriano Olivetti, che della dimensione produttiva e vocazionale del territorio.
Vorrei non perdere questa dimensione comunitaria nelle tappe successive del lavoro. Iniziare la fase produttiva a Serra de’ Conti
mi sembra perfetto in questo processo, per la sensibilità che muove il progetto culturale che si è sviluppato con Notte Nera.
Ho chiamato questo progetto La congiura dei poeti, ispirandomi alle parole di Tiziano Terzani, che alla
Olivetti aveva lavorato e che, come Adriano, riconosceva alla bellezza e alla cultura un ruolo determinante per lo sviluppo
dei territori e la felicità delle persone, del tutto trascurati dal capitalismo finanziario che domina la nostra economia.
Questo progetto su Olivetti rappresenta per me in questo momento anche l’inizio di una nuova ricerca, condivisa con altri compagni
e compagne di viaggio che, attraverso forme antiche e nuove legate al teatro, consegna all’esperienza artistica un valore rigenerante
per la vita delle comunità.
Isabella Carloni