Incontri: |
Venerdì 21 agosto h 19.30
Giardino del Museo delle Arti Monastiche (H)
CONVERSAZIONI NOTTENERA
Dioniso e la festa
Incontro al tramonto con SISTA BRAMINI regista di O THIASOS TEATRO NATURA |
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Contributi: |
Questa sezione raccoglie i contributi scritti di chi è stato coinvolto nel progetto e le opinioni di esperti che sono stato interpellati. L’intento è fornire un ampio orizzonte di riflessione. Le conversazioni sono anche un reale momento di confronto che si celebrerà al tramonto a Serra de’ Conti, venerdì 21 agosto, guidati da un ospite appositamente invitato.
In continuità continuità con il processo già avviato grazie alle due passate edizioni,responsabilmente, Nottenera lavora sulle comunità possibili, sia come tematica da comprendere appieno, sia fornendo numerose, esperienziali opportunità di messa in discussione, in un tessuto territoriale carente di iniziative culturali significative e venendo a soddisfare in tal senso, bisogni sino ad ora disattesi.
Per questa edizione una serie di domande guida, che come enzimi vorremmo provocassero reazioni più organiche, ci avvicinano ai temi ’09:
Esiste una FESTA che invece di bruciare, costruisce? che anzichè contrapporsi al quotidiano, ne promuove nuove dinamiche? Una FESTA che piuttosto che cercare la trasgressione punta alla consapevolezza? Che relazione ha la festa con i nostri ritmi di vita? Interrompe o è strumento di continuità? E’ possibile promuovere una festa che non abbia legami con la mercificazione e il commercio e che al contempo non sia nemmeno una ripetizione imposta di schemi culturali e di tradizioni? Può il termine FESTA definire un lavoro fatto sul territorio che coinvolga trasversalmente persone di diversa provenienza culturale, sociale e d’età al fine di promuovere scambi, conoscenza, rispetto? Circondati quasi da un obbligo alla festa intesa più spesso come chiassoso strumento del non-pensiero e della dimenticanza, cosa intende Capitini quando dice che la festa “può soddisfare la parola inesprimibile da individuo a individuo” essendo al “di là dall’utile”? E’ festa l’armonia sociale e ambientale? E che legame c’è tra festa e identità? |
» Carlo Maria Pesaresi -
Assessore alla Cultura, Turismo, Tempo libero, Politiche Giovanili, Cooperazione, Solidarietà e Pace della Provincia di Ancona
Chi ha paura del buio? Non più solo i bambini ormai.
Privati della propria responsabilità, i grandi oggi hanno paura. Dell’altro, del diverso, del futuro.
Ecco la violenza, la volgarità, le ronde, la sicurezza usata ad alibi e pretesto per altri fini.
Serra de’ Conti spegne le luci - atto coraggioso di questi tempi - e rovescia i canoni tradizionali delle abitudini, delle consuetudini della festa di paese.
Ma fa di più. Suggerisce spunti di riflessione ampi sulla dimensione della responsabilità dei cittadini. Rivendica la necessità di una consapevolezza del loro ruolo quali tutori autonomi dei bisogni del territorio, della comunità.
Oltre il semplice progetto culturale, NotteNera entra a gamba tesa in uno dei temi più delicati della società dell’oggi.
Lo fa attraverso un processo che indaga le stratificazioni della comunità, ne esamina il paesaggio attraverso le memorie, gli insediamenti, le narrazioni.
I linguaggi dell’arte si prestano bene per determinarne le regole. Come bene si presta una piccola comunità dell’entroterra, le cui energie creative sorprendono per lucidità e capacità innovativa. Responsabilità contro paura, consapevolezza contro sudditanza.
Affinché del buio siano solo i bambini ad avere paura. |
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» Nonviolenza in festa - Federica Curzi
Esiste un nodo di collegamento ai miei occhi essenziale, che lega i temi centrali di Nottenera09: il buio e la festa. Esiste un nodo che, nel collegarli, apre il loro implicito affacciarsi su un elemento che appare estraneo, ma che restituisce un senso inedito ad entrambi: la nonviolenza. Che legame c'è tra buio, festa e nonviolenza?
Il buio a nottenera è il contesto di sempre, il luogo simbolico e concreto in cui accadono le esperienze che danno contenuto; la festa è nucleo di questa edizione, ciò che stimola la progressione delle riflessioni attorno al senso più ampio che l'evento vuole avere e che è quello di ritornare a parlare e a vivere il concetto e l'esperienza di comunità. E' qui che entrano le persone, da questo capiamo come ogni messa a tema dentro gli eventi riflessivi, narrativi, teatrali che viviamo dentro l'iniziativa hanno a che fare con le persone. La posta in gioco delle esperienze e dei loro frutti sono le persone, le loro vite, le loro relazioni, le loro emozioni e i loro sentimenti. Da tutti questi elementi emerge il senso, percorso interiore che conduce al mondo della vita. Motivo per cui sono qui a scrivere e a cercare di tracciare anch'io il mio segmento.
Il buio e la festa. Sono due elementi che mi colpiscono insieme, che provocano in me riflessioni in merito al più ampio elemento delle nonviolenza proprio perché pensati insieme. Sia il buio che la festa sono per la maggior parte delle persone - o meglio per la parte più “influente” e riconosciuta della popolazione mondiale (maschi, bianchi, occidentali, urbanizzati) – esperienze eccezionali. Sono eventi che rappresentano o l'inedito, o l'imprevisto e imprevedibile, o l'unicità, l'esperienza ricercata per uscire dallo schema tradizionale e infinitamente ripetuto della quotidianità vissuta, della quotidianità narrata e rappresentata come tale in ogni aspetto della propria esistenza e dell'esistenza dei propri simili. Esistono esempi in cui molti di noi possono riconoscersi: l'improvviso fulminarsi di una lampadina o la corrente elettrica che salta possono automaticamente ricondurci, in una serata qualsiasi, a vivere un'esperienza di eccezionalità che muta l'ordine naturale dello svolgersi delle solite azioni: la cena, la doccia, leggere un libro, chiacchierare possono diventare esperienze speciali se fatte al buio o a lume di candela. La luce in tutte le sue accezioni – come luminosità e come utilizzo dei mezzi offerti dall'elettricità etc... – è parte più che integrante, direi invasiva, della vita cosiddetta normale, della quotidianità. E' il mezzo naturale del quotidiano avvenire degli eventi. Il buio è ciò che spezza il fluire del vivere quotidiano, il buio richiama la parte della giornata in cui siamo indipendenti dall'apparire, dal giudizio degli altri, dagli orari della consuetudine e in cui ciascuno fa ciò che vuole e come lo vuole. Come nel giorno di festa.
La festa. Rientrando nel linguaggio e nel pensare comune, la festa è un giorno in cui le convenzioni quotidiane vengono abbattute, per far posto alla convenzione straordinaria che è appunto quella di non avere regole. Dunque, la totale anarchia è la regola della festa, che funziona secondo delle proprie consuetudini, rintracciabili in tutto ciò che rappresenta l'interruzione della continuità del fluire quotidiano dei giorni. Nella festa ci si veste in modo diverso dagli altri giorni, ci si alza a un altro orario, si mangia in modo diverso. La festa per antonomasia, ovvero, la situazione in cui più delle altre emerge la rappresentatività della festa è il Carnevale. La maschera include in sé tutto l'insieme degli elementi fin qui elencati, trasfigurando in una convenzione (a Carnevale “ci si maschera”) tutta l'assenza di regole tipiche dell'evento eccezionale: la maschera nasconde la propria identità e ti fa diventare chi vuoi. E' la maschera che diventa soggetto (ir)responsabile delle azioni compiute, del divertimento all'eccesso, degli scherzi e di ogni azione che è posta dalla festa su di un piano assolutamente differente dalla normalità.
Tutti questi elementi riflessivi, o meglio descrittivi di un modo di agire collettivo vorrebbero fungere da tramite per un'indagine sui meccanismi causali che spingono una comunità ad agire e pensare in tal modo e su quale possa essere la via per uscire dai vincoli, dall'equazione che riduce tutto ciò che non è quotidianità e “normalità” a un consumo irrazionale o comunque inconsapevole del tempo. A un non pensare, ad una aritmetica negazione di tutto ciò che nei giorni del tempo quotidiano ci opprime.
Soffermandoci a pensare su questa aritmetica negazione, possiamo entrare in contatto con un modo alternativo di concepire la negazione di un'oppressione. Ovvero, iniziare a pensare l'alterità, tutto ciò che è altro da quanto mi incatena nei vincoli del quotidiano come viatico per la libertà. Quale libertà? Ecco il passaggio cruciale per comprendere un senso diverso di festa, un modo inedito per passare dalla festa e giungere alla felicità, anziché passare dalla negazione-distruzione per giungere alla festa.
L'intento di trasformare la propria realtà in una diversa, comunque azzerata da obblighi, restrizioni, regole, attiene propriamente al desiderio di libertà che hanno gli esseri umani, soprattutto se calati in un contesto di vita fatto di convenzioni e limiti. Se non si comprende che è la propria libertà il fine della trasgressione, si rischia di concepire la festa stessa, ovvero la trasgressione, come fine in sé e non raggiungere altro che una dimensione temporanea di sospensione dell'esistenza quotidiana, per ripiombarci col finire della festa. Inoltre, dovendo esclusivamente azzerare il contesto quotidiano, la festa così vissuta ha un'anima esclusivamente distruttiva, di negazione di ogni elemento riconducibile al tempo e alle relazioni della vita vissuta.
Al contrario, la libertà assunta come vocazione e anelito fa diventare la festa un tempo sempre nuovo, capace di insegnare alla vita un modo di essere inedito e portato alla felicità: la liberazione. La festa, non fine a se stessa, non tempo da consumare ed esaurire come vendetta su un tempo lungo e continuo della quotidianità, ma mezzo di una relazione inedita con la vita nella sua eccedenza così sperimentata, diviene una quotidianità liberata. La festa è tempo liberato, potere della vita di insegnare la libertà da ciò che ci fa violenza, che ci opprime. La festa così vissuta, il mezzo che è nelle nostre mani mortali di liberare la vita dalla violenza del limite, è potere non distruttivo, è luogo nonviolento di relazione con la propria umanità. Più gli esseri umani si mettono in contatto con la propria umanità, maggiore e crescente è l'esperienza dell'umanità altrui, maggiore diviene l'esperienza dell'imperativo tramite cui gli esseri umani nei millenni hanno costruito le comunità: nonuccidere. In tal senso, il maggior filosofo italiano della nonviolenza Aldo Capitini, dice che la festa “può soddisfare la parola inesprimibile da individuo a individuo”. (A. Capitini, Atti della presenza aperta, (1942) in Scritti filosofici e religiosi, Perugia, Protagon, 1998, p. 243.) Ovvero, la festa è la possibilità interiore ed esteriore che hanno gli esseri umani di tessere un legame definito con gli altri.
La festa è dunque l'esperienza individuale che rompe l'individualismo, costituendo l'anelito ad essere congiunti con e come gli altri con ciò che nella vita è la sua sovrabbondanza, il di più che, imparando dalla festa e facendola rimanere in noi, di volta in volta infonde in noi l'incremento e la crescita della nostra umanità.
Dall’incipit di COLLOQUIO CORALE
Ci siamo levati nella notte, e il buio era già aperto;
abbiamo guardato oltre le valli, le linee deste dei monti,
e la devozione dell’aria non mossa ancora dagli uccelli.
Verso l’ultima veglia non si è udito il canto del gallo.
Oh il rapido atto dei primi raggi. Scendono le acque liete di servire.
Per tutto ieri abbiamo volto il corpo ad una tensione aperta
pazienti alla mole del lavoro, piegandoci mansueti ad ascoltare.
Dall’oscuro esistere le cose si preparavano ad una simmetria festosa.
Ed alle prime stelle, purissime nel cielo distante,
abbiamo acceso un candelabro nella casa, di fiammelle non timide.
Guardate le siepi questa mattina: quanta gentilezza circonda il loro intrico!
Oh mostrarsi dei sentieri fra i campi, e larghi declivi fino ai rustici pozzi.
Ed ecco dalla curva della strada, procedono in gruppo buoi e vitelli,
e allo scuotersi dei bianchi corpi, rosse strisce dal capo oscillano.
Da cipressi da lauri e mirti, abbiamo posto fronde su tutte le soglie.
I suoni di campane dilagano, più alto delle gradinate delle città,
e nel silenzio d’oro dei vicoli puliti, dove abitarono i nonni.
Dopo giorni di abitudini e di non accorgersi, rispondiamo a una chiamata per noi.
Da villaggi invisibili il vento porta onde di musiche e di trombe,
e da prati di pace, lungo ruscelli costeggiati da pioppi, i cori dei popolani.
Oh festa, svela il tuo essere altro che salva, novità di pace.
Perduti nel sonno e tra i sogni, una tenerezza alludeva al tuo secreto.
Tu puoi soddisfare la parola inesprimibile da individuo a individuo,
tu che sei di là dall’utile; o invisibile nel tuo culmine,
compensa ogni perdita, e la continua pazienza della vita.
…
Di là dalla triste ingiuria e dal meditar la vendetta,
di là dal travaglio degli errori e dei pentimenti impotenti sui fatti,
di là dalle sere senza colloquio, dalla notte carica di sospetti,
e dal giorno in cui i felici si specchiano nella loro angusta felicità.
Non può essere che esista soltanto, darsi colpi l’uno con l’altro.
…
C’erano persone liete, bambini accoccolati in gruppi vivaci,
canto che si spandeva da stanze toccate dal sole,
c’era il serio conversare di uomini, il formare progetti
e forze per attuarli, in un mondo di salde strutture,
e tutto lo ha abbandonato come nulla fosse, la vita?
…
Oh festa, ci siamo posti presso il volto affilato del morente,
vòlto in su il perduto sguardo, vita tutta impallidita:
amare, amare dalla radice, essere con l’atto purissimo di lui,
forza silenziosa, mentre il sole irraggia là fuori inconsapevole.
Tutti, tutti uniti e sempre, oltre lo sguardo ad ogni forma che passa.
A. Capitini, Colloquio corale, Firenze, La Nuova Italia, 1955
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» Margherita Dotta Rosso – Gruppo Le Ombre
comunità linguaggi territorio
festa
Festa per me è sinonimo di fuochi artificiali.
Quand'ero bambina l'anno scolastico si concludeva con la festa di Sant'Antonio. Al mattini la Messa e il banco di beneficenza. La sera i fuochi artificiali. Occhi sgranati per la meraviglia, cuore che palpita all'unisono con i cuori degli altri.
A Torino i fuochi ci sono per San Giovanni, Patrono della città.
In Francia il 14 luglio, la presa della Bastiglia, la Festa della Repubblica.
Sempre vivo io, si vive, la stessa atmosfera di gioia e comunanza, lo stesso clima di festa. Si ripetono nel tempo (il legame con la tradizione) ma mai totalmente identici. Accanto agli elementi fissi di anno in anno ci sono variazioni che fanno cogliere il trascorrere del tempo. Ognuno ha un ricordo individualizzato nella memoria collettiva.
Tempo ciclico, tempo soggettivo non lineare, struttura, storia.
Nei fuochi artificiali c'è traccia del fuoco naturale, selvaggio che è stato addomesticato, dell'appropriazione del fuoco, dei rapporti tra il fuoco e l'uomo, delle tecniche per produrlo, utilizzarlo, conservarlo ma anche per dare forma, visibilità e memoria al proprio immaginario con i racconti attorno al fuoco, con le ombre che la luce della fiamma proietta su di un telo.
Nella festa si vive insieme uno stato di effervescenza nel quale la comunità che vi partecipa diventa visibile a se stessa come tale. Cadono le barriere artificiali di status, di classe, di gruppo e la società diventa comunità armonica che prova piacere. Finalità della festa, qualunque forma abbia, è quella di provare piacere. Piacere estetico. Piacere nel riconoscere lo stesso piacere provato negli altri. Il piacere prodotto dall'esperienza vissuta nel tempo della festa fa sì che sia ricordata nella memoria ed anticipata nell'immaginazione.
E' riconoscendo il sé negli altri e gli altri nel sé che si accede allo spirito festivo; per questo la festa accresce solidarietà e rinnova il legame sociale.
Festa spontanea. Festa gratuita. Festa che sovverte il quotidiano: il tempo, lo spazio, i rapporti. Tempo e spazio sono lasciati all'immaginario. Il tempo della festa è un tempo sociale, mediazione tra il tempo matematico lineare scandito dall'orologio e la soggettiva solitaria percezione del tempo. Un tempo senza l'ansia di programmare, di prenotare, di arrivare in ritardo, di fare code, di dover scegliere. Cadono le barriere artificiali tra le persone. L'essenza della festa sta nell'esperienza immediata e senza ostacoli di rapporti che non è lecito o non è facile percepire nella realtà quotidiana perché nella festa non ci sono utenti, non ci sono spettatori ma chi ospita e chi è ospitato. Utenti, attori, spettatori li lasciamo ai festival, alle rassegne, ai concorsi. Nella festa accade un accrescimento di senso, perché ri-unisce nell'esperienza ciò che normalmente è separato: le parti frammentate del sé e della società, i cui effetti si prolungano nella società del quotidiano.
L'organizzazione della festa è invece un lungo e faticoso lavoro e per questo la comunità si impegna da un anno all'altro per la sua preparazione: perché la festa dà senso a ciò che nel quotidiano sfugge al senso.
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» Maria Rosaria Vernuccio - Assessore all'Istruzione, Formazione, Cultura del Comune di Serra de' Conti
Notte nera è alle porte. Nell'attesa si lavora, si organizza, si parla... ci si conosce. Il paese è in
fermento e gli artisti si preparano. Fra poco le luci si spegneranno, la Festa avrà inizio.
Sono entrata da poco nel “vortice” Nottenera: le associazioni si incontrano e dibattono sul da farsi;
le persone si incrociano in mille percorsi, come per intessere una tela apparentemente caotica.
Tuttavia, il vortice lascia apparire in fondo una fioca luce: il desiderio di vivere questa Notte
speciale, totalmente immersi in linguaggi insoliti alla quotidianità, ma non lontani. Attraverso di
essi, saremo accompagnati per mano dentro noi stessi e a fianco di altri.
Per sognare, occorre spegnere la luce e chiudere gli occhi!
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