“Nella città delle macchine avviene la trasformazione dei luoghi in spazi: è una trasformazione che distrugge la memoria, poiché il luogo non esiste senza tempo. La costruzione di un luogo è un’interazione complessa tra società insediata e natura, che ne definisce appunto il tipo, il “genius loci”.
Alberto Magnaghi
Il buio opera uno spaesamento, impone una diversa continuità percettiva, libera la visione dai princìpi ordinati e dalle regole che stabiliscono le coordinate spaziotemporali. Nel presente, dentro il momento, l’occhio perde la sua centralità mentre si potenzia il dialogo con gli altri sensi e il ritorno ad un dominio fisico si prospetta come esperienza fondante di autorappresentazione. E’ così che si dischiude una declinazione possibile di comunità che si sostanzia attraverso un lavoro mirato sul territorio, che può finalmente vibrare e riproporsi attraverso un filtro visionario, sospensivo, vertiginoso, ludico.
La liquidità teorizzata da Bauman è sostanza del progetto culturale Nottenera che si evolve durante tutto l’anno attorno a scambi, sovrapposizioni, occasioni e crescite. A pensar bene, dinamiche di sfida delle abitudini mentali di ciascuno, proposte di superamento di paure e chiusure verso ciò che non conosciamo già. E’ con vari linguaggi creativi e incontri, che traghetteremo la comunità costituita nell’azione di riempire e vuotare luoghi e momenti di nuovi significati, di relazioni imprevedibili, senza prescindere da intenti didattici. Un investimento, perseguito con modalità inconsuete, sul futuro, verso l’altro. Un esercizio festoso attorno alla responsabilità intesa come territorio personale da esplorare doverosamente.
Si considera capace di avviare una riscoperta della contemporaneità o divenirne manifestazione stessa, anche il possibile riaffiorare di una emotività ricca di risonanze arcaiche, non presente alla memoria comune, assopita in genere. Tra gli strumenti da non escludere vi è l’impiego delle tecnologie attuali applicate ad alcuni linguaggi artistici.
Nella notte finale, il paese riceve l’evento e, spente le luci artificiali che illuminano l’intero centro storico, gli intenti sono perseguiti indagando e valorizzando sia presenze naturali (volta celeste, atmosfere, ecc..), sia esperienze culturali. Queste ultime vanno intese in una accezione molto amplia come patrimonio storico, sociale, architettonico locale che certo si amalgama a specifiche proposte artistiche riferibili ai molteplici linguaggi contemporanei.
Evitando di rivolgerci a pubblici elitari, ristretti o specialistici come pure ad una massa informe, si abbraccia un concetto di festa, che vuole scavalcare e al contempo riconoscere età e gusti particolari dei possibili utenti e che sfacciatamente invita a esplorare, vivere e costruire i sensi della collettività in risposta ai numerosi rischi di impoverimento di qualità ambientale, urbana, di identità e alle sempre più raggelanti paure che inducono alla chiusura e alla sfiducia verso il futuro. Così, nella notte finale, il sentire individuale di ciascun ospite, patrimonio irrinunciabile, sarà sollecitato dal buio che può nascondere, rivelare, spaventare, evocare, sospendere, unire e far sedimentare nuovi valori.
Alla base del complesso progetto culturale, che si estende per circa otto mesi ed esplode nei due giorni di chiusura con le Conversazioni e la notte evento, motivazioni profonde, domande aperte, radicali, che guidano la volontà di intendere o interpretare questo nostro tempo. Cosa, chi, sancisce l’esistenza di una comunità? Quante comunità abitano un territorio? Come si riconoscono all’esterno ma anche al loro interno? Che ruolo assumono la memoria e la consapevolezza in riferimento a dinamiche sociali molto articolate e imprevedibili come quelle attuali? Condividere e fruire una stessa esperienza, aiuta a sostanziare una comunità?
Poiché le integrazioni, l’apertura, la partecipazione e il dialogo, si realizzano a partire dal passaggio minimo tra persona e persona (per Agamben il volto dell’uomo è davvero il “solo luogo della comunità, l’unica città possibile” ), la dimensione del piccolo centro, si presta come terreno privilegiato di indagine per continuare a sperimentare una dimensione umana diretta, di coesione e scambio intimo, di immissione e assunzione di nuovi contenuti.
Nottenera è una via esperienziale, ancorata alla quotidianità, diffusa ben oltre il tempo di un solo evento, promuove e persegue un lavoro durante tutto l’anno con laboratori e incontri, ospiti e professionisti esterni, associazioni locali. Convinti che molti possano essere gli spazi interstiziali di libertà e confronto reale disciolti nelle pratiche giornaliere: suggestioni, meraviglie, seduzioni, ci aiutano a vivere meglio, abbattono un sentire abitudinario, ci interrogano su un senso di appartenenza anche effimera ad un luogo, ad una comunità o ad un momento irripetibile.